STORIA della RAZZAIl Rhodesian Ridgeback èl'unica razza riconosciuta originaria dell'Africa Australe ed è una delle due razze riconosciute che presenti sul dorso la tipica cresta di pelo che cresce in direzione caudocardinale, caratteristica dalla quale prende anche il nome (ridge = cresta, back = dorso).
Il RR è una razza la cui storia si intreccia con la storia d'Africa, di alcune sue tribù e dei primi coloni europei sbarcati nella provincia del Capo alla metà del 1600. Il seguente articolo, scritto da una note allevatrice americana, la Signora Sawyer, riassume molto abilmente il concetto di Ridgeback.
Come dice la signora Sawyer, il RR si e' evoluto in Rhodesia, l'odierno Zimbabwe, sulle basi di una razza precedentemente creata, ma non riconosciuta, in Sud Africa: il "cane boero". Ma l'origine dei cani con la criniera è certamente più antica: in Africa la cresta appare molto spesso nei villaggi più isolati, e si ritrova anche in Asia. L'esempio a noi più noto è il cane dell'isola di Phu Quoc, al largo della Thailandia; se esiste collegamento tra questo cane asiatico ed il cane con la criniera africano, esso potrebbe risalire ai vari commerci tra Asia e Africa, a cominciare da quelli dei Fenici, sulle coste Nordafricane, o degli Arabi, sulle coste Orientali, o più recentemente dei Portoghesi o degli Olandesi sulle coste Mendionali. Ma si potrebbe anche trattare più semplicemente di mutazioni parallele e, comunque, in Africa, la cresta ci riporta ad un cane indigeno, il Khoi Khoi, o "cane degli Ottentotti", del quale troviamo la prima raffigurazione nel libro del Dr. David Livingstone del 1870 intitolato Livingstone's Missionary Travels in South Africa, le prime descrizioni da parte di alcuni storici del 1700 (Kolben, Theal, etc.) ed un misterioso dipinto su roccia in Zimbabwe, dove il cane con la criniera è raffigurato tra i grandi pastori Ottentotti ed il loro bestiame, le vaccine zebù e le pecore sori, antenati del bestiame sudafricano odierno.
Con gli Ottentotti, le vaccine zebù e le pecore sori anche il cane con la criniera migrò, dal 500 al 1500, attraverso tutta l'Africa, dalle coste del Mar Rosso al Capo di Buona Speranza dove, nel 1600, con l'avvento dei primi europei, cominciò la sua trasformazione. Utilizzato con successo dai coloni sia per la caccia che per la difesa, esso venne incrociato con le razze allora presenti nella regione, soprattutto Pointer, Deerhound o Greyhound, e Bull Terrier. Lo "steekbaar" che ne risultò, chiamato anche "cane boero", spesso presentava la criniera sulla schiena e, sempre, questa era sinonimo di particolari doti di adattabilità ai climi così vari del Sud Africa; doti di guardiano fedele e coraggioso, dotato di un grande istinto per la caccia, nel quale il primitivo e rozzo Khoi Khoi era raffinato grazie all'introduzione di sangue delle razze europee più perfezionate. Mentre la selezione si basava soltanto su principi di utilità che imponevano soltanto la sopravvivenza del più forte, il tipo di vita coloniale e forse anche la vastità del paese non lasciavano posto a una consapevolezza e ad un'attività strettamente cinofila, tanto che le caratteristiche morfologiche non vennero mai stabilite e, con il rapido mutare delle condizioni di vita, la razza corse il rischio di perdersi. Ma nel 1870 il reverendo inglese Charles Helm portò una coppia di cani boeri alla sue nuova missione nel Matabeleand, in Rhodesia: come i boeri 200 anni prima, così allora i coloni di questa regione africana furono conquistati dalle doti di questo cane costruito su misura per la vita coloniale africana e, con l'ulteriore introduzione di sangue Collie ed Airdale, ottennero un cane potente, ma non pesante, dotato di particolare agilità e resistenza e il coraggio incredibile, temperato da un istintivo rispetto per le grandi prede africane. Fu così che il "cane boero" diventò il "cane da leone", utilizzato dai grandi cacciatori dell' Africa come Selous' van Rooyen e Upcher.
Nel 1922 Francis R. Barnes fondo' a Bulawayo, in Rhodesia, il Rhodesian Ridgeback (Lion Dog) Club", oggi "Parent Club" e nel 1924 stese lo standard della razza, approvato lo stesso anno dall'allora South African Kennel Union. Fu soltanto dopo la seconda guerra mondiale che il RR riacquistò la popolarita' del "cane boero" in sud Africa: nel 1945 venne fondato il South African RR Club e nel 1982 il RR Club Transvaal.Il Ridgeback, creato sia come cane da caccia che come guardiano e fedele compagno dell'uomo, di carattere quasi esclusivamente lupoide, e quindi non è facile e comprensibile per tutti; tenace ed indipendente, egli "possiede" un solo padrone, capace di una dolcezza quasi degradante con i bambini, scostante con gli estranei e si trasforma in fiero guardiano di fronte all'intruso, sempre tuttavia dominato dall'equilibrio necessario a renderlo un amico fidato. In molti paesi è utilizzato a caccia: cinghiali e capre selvatiche in Australia, felini e cervi in Nordamerica, grosse antilopi e facoceri in Africa; da sottolineare che contemporaneamente al lavoro di cacciatore, il Ridgeback e' sempre utilizzato anche come guardiano, lavoro nel quale, anche a livello competitivo, si distingue per le sue doti istintive.
Il Ridgeback non è soltanto un cane bello da vedere per l'armonia delle sue forme, ma un cane dal forte carattere molto equilibrato, "fedele e devoto al padrone" come i suoi antenati sono stati con gli Ottentotti, e come Boeri ed Inglesi lo avevano concepito.
Da "I nostri Cani" articolo di Giovanna Bacchini Carr (Allevamento delle Cime Bianche)
STANDARDFCI Standard N° 146 / 10/12/1996ORIGINE:
Sud Africa. Standard fornito dal Kennel Club Union of Southern Africa e dal Zimbabwe Kennel Club.
Data di pubblicazione dello standard originale vigente: 10.12.1996.
UTILIZZAZIONE: Il Rhodesian Ridgeback è ancora oggi utilizzato come cane da caccia in molti paesi, ma è ugualmente molto apprezzato come cane da guardia e da compagnia.
C
LASSIFICAZIONE F.C.I.: Gruppo 6 Segugi e razze affini
Sezione 3 Razze affini
Senza prova di lavoro.
BREVE CENNO STORICO: Al giorno d’oggi, il Rhodesian Ridgeback è l’unica razza indigena del Sud Africa riconosciuta. I suoi antenati provengono dalla Colonia del Capo del Sud Africa, dove furono incrociati con i cani dei primi pionieri e con i cani da caccia crestati, semiaddomesticati, degli Ottentotti. Cacciando generalmente in gruppo di due o tre, la funzione ancestrale del cane crestato della Rhodesia o Cane Leone, era di seguire il selvatico, specialmente il leone, e, con grande agilità, di metterlo alle strette fino all’arrivo del cacciatore. Il primo standard, basato sullo standard del Dalmata, è stato redatto nel 1922 da F. R. Barnes a Bulawayo in Rhodesia. È stato approvato nel 1926 dal South African Kennel Union.
ASPETTO GENERALE: Il Rhodesian Ridgeback dovrebbe rappresentare un cane ben proporzionato, forte, muscoloso, agile e attivo, simmetrico nei profili e capace di grande resistenza con una buona velocità. Particolare importanza viene data all’agilità, eleganza e robustezza, senza alcuna tendenza ad una struttura massiccia. La caratteristica della razza è la cresta sul dorso, che è formata da peli che crescono nella direzione opposta a quella del resto del mantello. La cresta è lo stemma della razza. Deve essere nettamente definita, simmetrica ed assottigliarsi verso l’anca. Deve iniziare subito dietro le spalle e continuare fino al punto di prominenza delle anche. Deve contenere solo due corone identiche ed opposte una all’altra. I bordi inferiori delle corone non devono estendersi più in basso del terzo superiore della cresta. Una buona larghezza media della cresta è di 5 cm (2”).
COMPORTAMENTO – CARATTERE: Dignitoso, intelligente, distaccato con gli estranei, ma senza aggressività e timidezza.
TESTA:
REGIONE DEL CRANIO:
Cranio: dovrebbe essere di buona lunghezza (la larghezza fra gli orecchi, la distanza fra l’occipite e lo stop, e quella dallo stop alla punta del tartufo, dovrebbero essere uguali), piatto e largo fra gli orecchi; la testa, a riposo, dovrebbe essere esente da rughe.
Stop: ragionevolmente ben pronunciato, e non in una sola linea diritta dal tartufo all’occipite.
REGIONE DEL MUSO:Tartufo: nero o marrone. Il tartufo nero deve abbinarsi a occhi scuri, il tartufo marrone a occhi color ambra.
Muso: lungo, alto, possente.
Labbra: asciutte e ben aderenti alle mascelle.
Mascelle/Denti: mascelle forti, con una perfetta e completa chiusura a forbice, con i denti superiori sovrapposti (combacianti) a quelli inferiori e con denti impiantati perpendicolarmente alle mascelle. I denti devono essere ben sviluppati, specialmente i canini.
Guance: pulite.
Occhi: moderatamente distanti fra loro, rotondi, brillanti e vivi, con espressione intelligente; il loro colore in armonia con il mantello.
Orecchi: inseriti piuttosto alti, di medie dimensioni, piuttosto larghi alla base, diminuiscono gradatamente, fino a una punta arrotondata. Devono essere portati aderenti alla testa
COLLO: dovrebbe essere piuttosto lungo, forte e senza giogaia.
CORPO:
Dorso: potente.
Rene: forte, muscoloso e leggermente arcuato.
Torace: non troppo ampio, ma molto profondo e capace; lo sterno dovrebbe arrivare al gomito. Petto visibile se visto di profilo. Costole moderatamente ben arcuate, mai rotonde a botte.
CODA: forte alla radice, si assottiglia gradatamente verso l’estremità; assolutamente non grossolana. Di moderata lunghezza. Non deve essere inserita troppo alta né troppo bassa, e va portata leggermente incurvata all’insù, ma mai arrotolata.
ARTI:
ANTERIORI: devono essere perfettamente diritti, forti e di buona ossatura, con i gomiti aderenti al corpo. Se visti di lato, gli arti anteriori sono più larghi che se visti dal davanti.
Spalle: ben oblique, pulite e muscolose.
Metacarpi: forti e leggermente scattanti.
POSTERIORI: nei posteriori i muscoli devono essere puliti e ben definiti.
Ginocchio: ben angolato.
Garretto: forte, ben disceso.
Piedi: compatti e rotondi, dalle dita arcuate, cuscinetti duri ed elastici, protetti da pelo fra le dita e i cuscinetti.
ANDATURA: diritta in avanti, libera e dinamica.
MANTELLO:
Pelo: corto e denso, di aspetto liscio e lucente, ma né lanoso né serico.
Colore: dal color frumento chiaro al frumento rossiccio. Ammesso un po’ di bianco sul petto e sulle dita, ma se in eccesso su petto, ventre e al di sopra delle dita, è indesiderabile. Ammessi muso e orecchi scuri. Troppi peli neri nel mantello sono fortemente indesiderabili.
TAGLIA E PESO:
Altezza al garrese: Maschi: 63 – 69 cm Femmine 61 – 66 cm
Peso: Maschi 36,5 Kg Femmine 32 Kg
DIFETTI: Qualsiasi deviazione dai punti sopraccitati deve essere considerata come difetto e la severità con cui questo difetto sarà penalizzato deve essere in esatta proporzione alla sua gravità ed al suo effetto sulla salute ed il benessere del cane. Qualsiasi cane che mostri in modo evidente anomalie d’ordine fisico o comportamentale, deve essere squalificato.
N.B.: I maschi devono avere due testicoli apparentemente normali completamente discesi nello scroto.
PATOLOGIESENO DERMOIDE NEL RHODESIAN RIDGEBACK:
Il seno dermoide è una malformazione congenita causata da un difetto di separazione del foglietto embrionale ectodermico dal tubo neurale, che è una porzione dello stesso; dal foglietto ectodermico, durante l'embriogenesi, si origina la cute con i suoi annessi (peli, ghiandole sudoripare e sebacee), ed il Sistema Nervoso.
Il suo nome è dovuto alla forma particolare: si tratta, infatti, di un invaginamento tubulare dell'epidermide che si estende dalla superficie della cute, lungo la linea mediana dorsale del corpo, nei tessuti sottostanti, sino ad una profondità variabile. Può essere paragonato ad un sacco a fondo cieco che si apre a livello della superficie cutanea.
Le pareti interne del sacco sono rivestite da cute con i suoi annessi: peli, ghiandole sebacee e ghiandole sudoripare atrofizzate. Il lume del seno è occupato da peli e, con il passare del tempo, vi si accumulano cellule cutanee desquamative e sebo, che difficilmente riescono ad esitare all'esterno a causa del ridotto calibro del lume e dei peli che tendono a trattenere il materiale che diviene così un ottimo terreno per la crescita di batteri. In passato è stato denominato in diverse maniere, tra le quali ciste di pelo e ciste africana; oggi è accettata la denominazione di seno dermoide che è classificato come un particolare tipo di ciste dermoide. Quest'ultima è definita come una tumefazione rotondeggiante od ovalare, localizzata in profondità nel derma, di consistenza molle elastica, di dimensioni variabili e ricoperta da cute normale.
Generalmente non si apre a livello cutaneo a meno che non s'infetti e dia origine ad una fistola; può essere osservata in tutte le regioni del corpo, di solito alla giunzione tra cute e tessuti sottocutanei. La parete della ciste è costituita da cute, mentre il contenuto è costituito prevalentemente da peli frammisti a materiale sebaceo; può contenere anche tessuto osseo cartilagineo e denti.Il seno dermoide si differenzia dalla ciste dermoide propriamente detta per il fatto che si localizza nel derma e nel sottocute, ma può estendersi anche agli strati sottostanti e si apre sulla superficie cutanea mediante un ostio dal quale possono sporgere dei peli. Come già accennato, si rinviene esclusivamente lungo la linea mediana dorsale sia a livello della testa, sia del collo, sia del tronco e può assumere aspetto cistico solo se s'infetta.
Le due malformazioni congenite si differenziano anche per le modalità con cui si formano a livello embrionale: sembra ormai appurato che il seno si formi in seguito ad un'incompleta fusione dei margini della doccia neurale, da cui origina il tubo neurale, lungo la linea mediana dell'embrione durante le fasi che portano alla formazione del Sistema Nervoso da un lato ed alle strutture da cui origineranno la cute ed i suoi annessi dall'altro. La ciste dermoide p.d. invece sembra originare dalla persistenza di cellule indifferenziate nello spessore dei tessuti connettivali sottocutanei o in altre sedi che poi si "differenziano" nel tessuto cutaneo; secondo altre teorie potrebbe derivare da anomalie di formazione degli annessi cutanei.
In passato il seno dermoide è stato considerato inoltre, l'equivalente della patologia umana conosciuta come seno o fistola pilonidale. Questa si presenta come una "fossetta" localizzata in corrispondenza delle vertebre coccigee, nella quale sono rinvenuti peli che, a differenza di quanto osservato nella malformazione del cane, presentano la punta rivolta verso l'interno del seno. Si tratta, infatti, di una lesione flogistica di tipo granulomatoso da corpo estraneo della cute o del sottocute dove i corpi estranei sono rappresentati dai peli corporei liberi dello stesso soggetto. E' quindi una patologia acquisita, non presente alla nascita, nonostante in passato fosse considerata di natura ereditaria molto probabilmente in seguito al fatto che può avere una certa predisposizione familiare per fattori di costituzione fisica.Il seno dermoide è considerato una malformazione tipica dei Rhodesian Ridgeback ma occasionalmente è stata riscontrata anche in cani d'altre razze: la letteratura scientifica segnala, infatti, due casi nel boxer, un caso nello shih ztu un caso in un boerboel e un caso in uno yorkshire terrier.
Per quanto riguarda la localizzazione, nei Rhodesian Ridgeback sembra che il seno non sia mai stato riscontrato nell'area occupata dalla cresta, ma solo al davanti o al di dietro di questa.
Il seno si rinviene più frequentemente a livello della parte posteriore del collo, in corrispondenza delle ultime vertebre cervicali, e della regione interscapolare davanti alla cresta. Meno frequentemente si trova a livello della parte anteriore della regione cervicale del collo, in corrispondenza della seconda vertebra cervicale, e della regione sacrale nello spazio compreso tra la fine della cresta e la base della coda. Nello stesso animale possono essere rinvenuti più seni dermoidi contemporaneamente, isolati o tendenti a confluire.
Esistono quattro tipi differenti di seno dermoide secondo la classificazione di Lord e Mann & Stratton, che si basa sulla sua estensione in profondità:• Tipo I: il seno si estende dalla cute al legamento sopraspinoso o al legamento nucale;
• Tipo II : il seno non raggiunge tali strutture ma è ad esse unito mediante un cordoncino di tessuto connettivo fibroso pieno;
• Tipo III: è simile ai precedenti solo che non risulta attaccato al legamento sopraspinoso nè al legamento nucale, ma termina a fondo cieco a livello del tessuto muscolare o del sottocute delle regioni interessate (è il più superficiale).
• Tipo IV: è il più raro ed è più frequentemente rilevato a livello della regione sacrale. Il seno termina a livello della colonna vertebrale e spesso si connette alla dura madre, la più esterna delle meningi spinali, decorrendo per un tratto più o meno lungo nel canale vertebrale.
Si può asserire che questo tipo di malformazione, oltre che congenita, nel Rhodesian Ridgeback è anche ereditaria, a differenza che nelle altre razze. A tutt'oggi non è ancora ben chiaro il tipo di trasmissione: in un primo momento è stato ipotizzato trattarsi di un gene autosomico recessivo; successivamente gli studiosi si orientarono verso una trasmissione legata ad un gene autosomico dominante a penetranza incompleta. Le più recenti teorie sembrano di nuovo dar credito all'ipotesi del gene recessivo.In conseguenza del fatto che non è stato ancora definitivamente chiarito l'esatto meccanismo di trasmissione del seno dermoide, risulta difficile eradicare il gene responsabile della malformazione mediante la selezione. Si può solamente limitarne la diffusione evitando di utilizzare per la riproduzione i cani con seno dermoide ed eventualmente anche i riproduttori che pur non presentando la malformazione hanno prodotto più cucciolate con seno dermoide.
Precisando che la ciste dermoide non può essere considerata una malformazione ereditaria in base ai dati forniti dalla letteratura scientifica, i Rhodesian Ridgeback che presentano tale anomalia al di fuori delle aree di localizzazione tipiche del seno dermoide, non dovrebbero essere necessariamente considerati portatori del gene responsabile di quest'ultimo.
Sulla base degli studi effettuati in medicina umana è stata riscontrata una notevole diminuzione dell'incidenza del seno dermoide nei cuccioli le cui madri prima o comunque durante tutto il periodo di gestazione assumevano una dieta integrata con folati. Deve essere comunque chiarito che, in base alle attuali conoscenze sul seno dermoide, l'uso dell'acido folico può solo diminuire la percentuale dei cuccioli che manifestano fenotipicamente il carattere, ma non può limitare la trasmissione ereditaria del gene; questo risultato si ottiene soltanto attraverso una severa selezione dei riproduttori.
I cuccioli con seno dermoide alla nascita in genere non presentano alcuna sintomatologia.Per mettere in evidenza tale malformazione si può esanimare attentamente la sommità del dorso, del collo e volendo anche della regione occipitale, per cercare di evidenziare un piccolo puntino più scuro del mantello costituito dai peli che fuoriescono dal seno. Spesso però all'esame visivo non si riesce ad apprezzarlo e comunque si deve ricorrere, per avere la certezza, anche alla palpazione che deve essere effettuata, con molta delicatezza, su tutti i cuccioli di Rhodesian.
Qualora il proprietario sospetti, anche vagamente, la presenza del seno è consigliabile portare i cuccioli dal Medico veterinario.
Il seno dermoide è una malformazione che può essere risolta chirurgicamente anche se si tratta di un seno di tipo IV; in tal caso è però necessario aggredire la colonna vertebrale.
Si ritiene opportuno eseguire l'intervento sui cuccioli precocemente, in modo da evitare che il seno possa infettarsi, evenienza che comporta una più vasta escissione tissutale, che a sua volta determina la formazioni di cicatrici deturpanti. Se l'intervento è eseguito correttamente non residuano cicatrici ben visibili (salvo complicazioni), non si hanno recidive, e i soggetti possono condurre una vita del tutto normale.
Sulla base di quanto appena asserito non appare giustificato il ricorso all'eutanasia in tutti i soggetti che presentano il serio dermoide; è però chiaro che l'utilizzo degli stessi come riproduttori deve essere assolutamente evitato, informando delle conseguenze i futuri proprietari ed eventualmente adottando sistemi per individuare i soggetti operati (tatuaggi per esempio), o ricorrendo alla loro sterilizzazione.
DISPLASIA DELL'ANCALa displasia dell'anca, dal greco dys (anormale) e plassein (formale), è un'anomalia dello sviluppo dell'articolazione coxo-femorale del cane di taglia media, condizionata oltre che geneticamente anche da condizioni multifattoriali, che esita in algia dell'anca e in patologie articolari secondarie. Ad oggi i nuovi studi stabiliscono un'incidenza genetica della displasia dell'anca al 30% circa. Il restante 70% è di origine ambientale, alimentare e gestionale.
PATOGENESI
Il periodo critico nello sviluppo dell'articolazione coxo-femorale del cane va dalla nascita sino a 2 mesi d'età: il tessuto osseo non si è ancora completamente formato a partire dal midollo cartilagineo, muscoli e nervi non sono ancora sviluppati pienamente e i tessuti molli dell'anca, ancora plastici, possono essere sollecitati oltre i loro limiti di elasticità; ne deriva instabilità articolare con perdita della congruità fra acetabolo e testa del femore, sublussazione della testa del femore, erosione della cartilagine articolare, ispessimento della sinoviale, comparsa di formazione esofitiche, rimodellamento osseo ed artrosi nelle fasi più avanzate della displasia dell'anca.
La perdita di coesione della cartilagine con la superficie articolare può avvenire già dai 60 giorni d'età; la lassità articolare conduce ad una dislocazione cranio-dorsale della testa femorale con un conseguente maggior carico sulla porzione mediale della testa e sul margine cranio- mediale dell'acetabolo. Questa pressione anormale, in un cucciolo di 1-2 mesi e già pesante, determina un ritardo nello sviluppo normale dell'acetabolo, con arrotondamento dei margini. Le superfici articolari vanno incontro a sclerosi nel tentativo di stabilizzare l'anca; si verificano inoltre un ispessimento del collo del femore, formazione di osteocondrofiti sul medesimo e di cisti ossee subcondrali.
SINTOMATOLOGIA
Le modalità di insorgenza e l'espressione dei segni clinici variano considerevolmente nei pazienti affetti da displasia dell'anca. Frequentemente si osserva riluttanza del soggetto al movimento nell'intento di salvaguardare l'anca dolente. Altri segni clinici sono la modificazione della modalità della corsa con un movimento che diminuisca l'escursione articolare (corsa da lepre), difficoltà nel passaggio dal decubito alla stazione, riluttanza nel cambiare posizione, dolore alla manipolazione dell'articolazione coxo-femorale. Alcuni soggetti possono manifestare variazioni inaspettate del carattere trasformandosi da cani equilibrati, socievoli ed inclini al gioco in soggetti facilmente mordaci.
Il grado di zoppia può variare da moderato (zoppia solo dopo esercizio molto faticoso) a estremamente grave in cui il cane non è in grado di mantenere la stazione quadrupedale.
Esiste una serie di fattori che influenza la manifestazione dei segni clinici, il più importante dei quali è rappresentato dall'età del cane. Sono pochi i cuccioli che mostrano dolore i primi mesi di vita anche se diventano gravemente affetti da displasia nel corso dello sviluppo.
Il dolore può comparire improvvisamente e rendersi evidente alla palpitazione degli arti posteriori in cuccioli di 5-6 mesi, dopo salti o arrampicate; a volte c'è difficoltà nell'alzarsi soprattutto da pavimenti scivolosi.
La maggior parte dei cani portatori di displasia, dopo aver portato a termine la prima fase di sviluppo anomalo dell'anca, cammina e corre senza difficoltà e senza evidenti segni di dolore fino agli 11-15 mesi d'età, periodo durante il quale il dolore appare unicamente dopo intensa attività e si rendono palesi le alterazioni dell'andatura.
Nei cani adulti il dolore è associato a fenomeni artrosici; si nota tendenza a stare seduto, masse muscolari atrofiche, rigidità nell'andatura, accorciamento del passo, segni che da intermittenti divengono costanti dopo 3-4 anni.
L'entità del dolore è direttamente dipendente alla taglia al cane e dal suo peso; l'addestramento e l'allenamento possono mascherare fino all'età adulta una displasia all'anca asintomatica fino a quando non si verifichi un trauma o una eccessiva attività fisica.
EPILESSIA MIOCLONICA GIOVANILE (JME)I gruppi di Ricercatori dell’Università di Helsinki, dell’Università di Monaco di Baviera e dell’Università di Guelf in Canada hanno descritto nel Ridgeback una nuova malattia denominata "epilessia mioclonica giovanile" (JME) identificandone la causa in una mutazione genetica.
L’importanza di questo studio è l’aver identificato un nuovo gene candidato (DIRAS1) coinvolto anche nelle epilessie miocloniche umane ed il modello animale viene usato per lo studio della Sindrome Mioclonica Giovanile umana. Il punto di partenza è la somiglianza tra cane e uomo delle manifestazioni cliniche.
Le manifestazioni miocloniche in umana sono sintomi di comune riscontro nel paziente affetto da epilessia e i risultati ottenuti in Medicina Veterinaria sul RR servirà per affinare la diagnostica strumentale della malattia per capirne la patofisiologia.
Lo studio condotto ha dimostrato che la manifestazione clinica della JME colpisce soggetti molto giovani (da 6 settimane a 18 mesi), e che colpisce i soggetti a riposo. In alcuni casi uno stimolo luminoso era in grado di avviare gli attacchi mioclonici.
I cani soffrono di contrazioni automatiche ed improvvise, in particolare in situazioni di distensione e rilassamento. Queste contrazioni muscolari variano in intensità (da sottile a vigoroso) e frequenza. Nella maggior parte dei casi, le stesse durano solo un secondo ma si verificano in serie. Alcuni cani sembrano confusi e spaventati durante questi eventi. Gli attacchi insorgono quotidianamente in oltre l'85% dei casi. La malattia progredisce verso convulsioni tonico-cloniche generalizzate in circa il 40% dei cani affetti. Il trattamento con farmaci antiepilettici può portare a un miglioramento dei sintomi.
Il gene candidato identificato è DIRAS1 - non collegato ad altre malattie neurologiche - che è responsabile nel cervello del buon funzionamento della trasmissione colinergica (la via di trasmissione coinvolta nelle manifestazioni miocloniche) e fornisce informazioni utili per lo sviluppo dei trattamenti terapeutici.
Lo studio (che ha visto impegnati Helsinki, Monaco e Guelf) è stato condotto su oltre 600 Rhodesian Ridgebacks e circa 1000 cani epilettici di altre razze ed è stato trovato il gene DIRAS1 solo nei soggetti RR affetti dall'epilessia mioclonica giovanile.
La modalità di trasmissione del gene identificato è autosomico recessiva.